Mayo 15, 2025

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A Noto, ogni terza domenica di maggio, l’appuntamento con l’Infiorata è un momento molto atteso e partecipato. Eppure la manifestazione non ha una storia antica alle spalle: introdotta solo nel 1980, la tradizione è stata in realtà importata da Genzano, località alle porte di Roma che dal Settecento allestisce un tappeto floreale lungo il percorso della processione religiosa del Corpus Domini.

La storia dell’Infiorata. Da Genzano a Noto

È probabile, infatti, che l’origine delle infiorate – diffuse all’epoca in tutta l’area dei Castelli Romani – sia da ricondurre alla realizzazione degli apparati barocchi seicenteschi per le celebrazioni religiose in San Pietro, quando l’idea di creare quadri per mezzo di fiori e petali che imitassero mosaici variopinti doveva essere particolarmente affine al gusto per la meraviglia ricercato negli allestimenti effimeri del tempo. In città, la tradizione ebbe vita breve, abbandonata già alla fine del Seicento. Ma Genzano la riprese per farne una festa calendarizzata con regolarità, salvo alcuni periodi di interruzione nell’Ottocento e, più tardi, durante la Seconda guerra mondiale. La realizzazione dei quadri richiede cura nella realizzazione dei cartoni (tradotti tramite spolvero sulla pavimentazione stradale) e tempestività per la deperibilità dei fiori utilizzati. E dunque solo lo scambio con artisti dell’Infiorata di Genzano, 45 anni fa, ha permesso alla cittadina di Noto di far propria la tradizione, poi sviluppata secondo caratteristiche peculiari al contesto, con disegni sempre più grandi e complessi che tappezzano Via Corrado Nicolaci (dove si affacciano gli incredibili balconi barocchi, attrazione imperdibile della città) per pochi giorni, attirando visitatori da tutta Italia e dal mondo. Per l’occasione, anche le scalinate di Noto alta sono decorate con disegni e lavori d’arte. 

Il tema dell’Infiorata di Noto 2025

Nel 2025, l’Infiorata di Noto si terrà dal 16 al 20 maggio, proponendo il tema La Pace si fa Arte, sotto la direzione artistica di Valentina Mammana. La realizzazione dei 16 bozzetti inizierà nel pomeriggio del 16 maggio e il tappeto sarà pronto per le visite dal giorno successivo fino a martedì 20: grazie a un nuovo sistema di irrigazione, infatti, dal 2024 le opere floreali possono conservarsi più a lungo. La vera novità dell’edizione alle porte, però, consiste nell’organizzazione di una Fuori Infiorata, manifestazione satellite concepita sul modello del più celebre Fuori Salone milanese con l’idea di ampliare il raggio d’azione della rassegna, valorizzando il tessuto urbano e culturale della città con l’intervento dell’arte contemporanea in dialogo con il patrimonio storico di Noto. 

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Michelangelo Pistoletto, Palazzo Reale, Milano 2023. Ph: Daniela Pellegrini

La prima edizione della Fuori Infiorata di Noto

Ideata e diretta da Alessia Montani e Luigi Grasso – imprenditori culturali e fondatori del Parco dell’Anima e del Consorzio AVASIM-MAMA.ART- MAMA.SEEDS – con la curatela di Andrea Guastella, la Fuori Infiorata si terrà dal 17 al 20 maggio tra luoghi pubblici e privati, molti dei quali aperti per l’occasione, coinvolgendo anche altre destinazioni del Val di Noto, e mettendo in relazione artisti, artigiani, designer. Tra gli spazi interessati: il piano nobile del settecentesco Palazzo Trigona di Canicarao, la Loggia del mercato, le Cantine Barone Sergio, il Lido di Noto e lo stesso Parco dell’Anima inaugurato nel 2020 nei terreni agricoli del resort Zahir Country House, come museo d’arte contemporanea a cielo aperto concentrato sui temi dell’ecologia e della biodiversità.

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L’istallazione di Pistoletto al Parco dell’Anima nel 2019

I luoghi e gli artisti della Fuori Infiorata 2025

Gli artisti coinvolti sono stati chiamati a presentare opere inerenti al tema dell’Infiorata 2025. Ci sarà Michelangelo Pistoletto, con la sua Colomba della Pace 2015-2023, opera che introduce il concetto di “pace preventiva”, realizzata per l’occasione dai maestri infioratori dell’Associazione CulturArte Noto ed esposta a Largo Rattazzi, che nei giorni dell’evento sarà rinominata Piazza della Pace e della Solidarietà. E poi gli scultori Fulvio Merolli, Alessia Forconi e Filippo Tincolini, che realizzeranno opere site-specific in dialogo con gli scenari della città barocca: la Fenice di Merolli, a Piazza Municipio; Penelope, scultura fatta di materia e piante di edera rossa da Forconi, a Largo Landolina; Spaceman Shine di Tincolini, ideale mascotte della Fuori Infiorata. Alla Loggia del Mercato saranno invece esposte le opere di Davide Bramante dalla serie Compagni di strada – Ritratti di gratitudine; Francesco Palazzolo e Toni Campo interverranno con un’installazione site-specific negli spazi di Loreto Interni, mentre Andrea Parisio presenterà un’installazione inedita tra i vigneti delle Cantine Barone Sergio. Al Parco dell’Anima, si aggiungerà al percorso tra la collezione permanente (con opere di Chicco Margaroli, Titti Garelli, Irem Incendayi, Domenico Pellegrino, Giulio Rigoni, Mariano Franzetti, Fulvia Morganti, Paola Romano, Toni Campo) la scultura Queen of the Jellyfishes, La Regina delle Meduse di Rosa Mundi. Palazzo Trigona di Canicarao ospiterà invece la mostra collettiva Neppure con un fiore dedicata alla poetessa netina Mariannina Coffa, pioniera della lotta per i diritti delle donne. In esposizione opere di Salvatore Anelli, Gianluca Balocco Moor, Salvo Barone, Luigi Citarrella, Alessandro Gedda, Giacomo Lo Verso, Guglielmo Manenti, Danila Mancuso, Fulvia Morganti, Alida Pardo, Francesco Pennacchi, Rossella Pezzino de Geronimo, Stefania Pennacchio, Eleonora Rossi e Nicholas Peal. Completano il programma attività collaterali come talk, visite guidate e percorsi nella natura, compreso l’appuntamento per cicloturisti Aspettando l’Infiorata – Bici in fiore.
Livia Montagnoli

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“Non lo sapete quanto vi amo. Non lo sapete quanto vi desidero. Non lo sapete come piango e come mi sento. Quando per un solo momento non vi vedo. Dentro la mia anima ho una vampa. E il mio cuore è vostro, non mio. Quando morirò non andrò in Paradiso. Perché per amare voi ho dimenticato di amare Dio”: è questo parte del testo – tradotto in italiano dal dialetto siciliano – del brano L’amuri ca v’haju (L’amore che ho per voi) di Rosa Balistreri, che dà il titolo al film di Paolo Licata.

L’Amore Che Ho – La storia di Rosa Balistreri: il film che mancava

“In noi cantanti della mia terra c’è una parte di lei”, ha affermato Carmen Consoli, che firma la colonna sonora del film – oltre ad interpretare il ruolo di Alice – e che ha sempre dichiarato la sua profonda ammirazione per Balistreri.
Sebbene la cantautrice sia un nome nel panorama musicale siciliano, della sua storia si conosce poco. La pellicola di Licata getta così luce su “i drammi e le gioie vissuti da una delle leggende della canzone popolare siciliana, Rosa Balistreri”, recita la sinossi ufficiale. “Una donna intensa, violenta, fragile e indistruttibile, pronta ad affrontare qualsiasi sacrificio per la sua causa, per la difesa dei diritti dei più deboli, dei lavoratori, delle donne abusate e ignorate, e per andare contro qualsiasi prevaricazione”.

Rosa Balistreri: cantante popolare e simbolo di emancipazione

Ma chi era Rosa Balisteri? Nata a Licata il 21 marzo 1927, in una famiglia modesta, tentò l’uccisione del marito, sposato con un matrimonio combinato. Scontata la pena a Palermo, trovò lavoro come custode nella Chiesa di Santa Maria degli Agonizzanti, dove fu molestata dal parroco. Scappò allora a Firenze con il fratello e una sorella che, raggiunta dal marito, fu uccisa.
Rosa conobbe allora il pittore Manfredi Lombardi, con cui visse più di un decennio e che la presentò ad artisti quali Mario De Micheli, Ignazio Buttitta, Dario Fo. Fu molto apprezzata per le sue doti canore, tanto che Fo la volle nel suo spettacoloCi ragiono e canto. Nel 1974 partecipò anche a Canzonissima, distinguendosi per la sua voce graffiante e l’intensa interpretazione.
Il 21 marzo 2024, la casa natale di Rosa Balistreri, in via Martinez 42, è stata aperta al pubblico e trasformata in un museo: qui sono esposti libri, fotografie, dischi e filmati d’archivio che raccontano l’avventurosa vita di questa orgogliosa siciliana.

Il film “L’amore che ho”

Dopo il documentario Rosa Balistreri – un film senza autore prodotto e trasmesso nel 2017 da Rai Storia, L’amore che ho è il primo film vero e proprio dedicato alla cantante. Ad interpretarla sul grande schermo nelle diverse età sono Lucia Sardo, Donatella Finocchiaro, Anita Pomario e Martina Ziami, ma nel cast sono presenti tra gli altri anche Tania Bambaci e Vincenzo Ferrara.
Presentato al 42° Torino Film Festival, L’amore che ho è dall’8 maggio al cinema distribuito da Wanted e, ci scommettiamo, porterà alla ribalta la musica viscerale di una donna del Sud, che non ha avuto paura di sfidare le regole che ancora oggi attanagliano la nostra società.
Roberta Pisa

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Tra botteghe artigiane, trattorie storiche e attività commerciali ricercate, la storia di Via del Pellegrino inizia già dalla seconda metà del Quattrocento. Questa, infatti, che ha da sempre accolto un pubblico eterogeneo, è stata fondata da Papa Sisto IV e deve il suo nome all’antica Locanda del Pellegrino, dove sostavano, appunto, i pellegrini diretti a San Pietro (all’epoca non c’era mica Corso Vittorio!). Oggi la via è al centro di un visionario progetto di rigenerazione e valorizzazione, che nasce con l’obiettivo di raccontarla attraverso laboratori e un programma multidisciplinare.

A Roma nasce Florea per la rigenerazione di Via del Pellegrino

L’iniziativa si chiama Florea, dall’antico nome di Via del Pellegrino, intitolata in un primo momento ai fioristi che la attraversavano sempre in direzione San Pietro: “su quel percorso, animato per tutto il giorno dal passaggio dei carri, si è innestato nei secoli il cammino dei pellegrini, trasformando la via in un passaggio denso di storia e di storie, di aneddoti, di arte e di manifatture. È qui che risiede l’anima più antica, viva e vivace del centro storico di Roma, quell’unione unica e irripetibile di umanità, sapienza artigiana e ospitalità inscritto nel Dna della Capitale”, racconta Federico Mondello, presidente della Rete d’Imprese.

Florea tra architettura e green design

Dall’architettura al green design, Florea vede la partecipazione di una serie di eccellenze romane coordinate da Thirtyonedesign di Claudia Campone, tra cui Natura e Architettura di Roberto Ortolani e FABERtechnica di Marco Frascarolo, con la partecipazione dell’agenzia creativa Bla Studio. Al centro del programma multidisciplinare che prenderà avvio da ottobre 2025, la rivitalizzazione di Via Sora, che collega Corso Vittorio Emanuele, Via del Pellegrino e Via dei Cappellari fino a Via del Governo Vecchio. In che modo? Con installazioni temporanee green, finalmente togliendo le auto in sosta e una nuova illuminazione IOT che permetterà di attivare il wi-fi attraverso i punti luce. Inoltre, verrà anche organizzata una tavolata sociale lungo tutta Via del Pellegrino, pensata per recuperare l’atmosfera originaria del percorso.

Florea e la prima mappa sensoriale di Roma

Ma non finisce qui. Florea intende anche realizzare la prima mappa sensoriale di Roma, costruendo cinque itinerari, uno per ogni senso: “Esistono mappe di monumenti, mappe enogastronomiche, mappe per lo shopping, mappe dei mestieri scomparsi. Non esiste ancora una mappa che, anziché censire i luoghi per categorie monotematiche, parta dai sensi e dia valore alle emozioni che suscitano”, spiegano dalla Rete d’Imprese. Un esempio? Una chiesa, un forno e una piazza possono essere legati dall’odorato: l’incenso, il pane e l’albero di fico.
Caterina Angelucci 

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Attualità, politica e sorpresa. Sono questi gli elementi che contraddistinguono il Festival di Cannes, edizione 78, che inizia come di consueto con la conferenza stampa della Giuria Ufficiale, quest’anno presieduta dall’iconica attrice francese Juliette Binoche. Insieme a lei altri otto membri chiamati a designare la Palma d’Oro 2025 (per cui concorre anche Fuori di Mario Martone): l’attrice e regista americana Halle Berry, la regista e sceneggiatrice indiana Payal Kapadia, l’attrice italiana Alba Rohrwacher, la scrittrice franco-marocchina Leïla Slimani, il regista, documentarista e produttore congolese Dieudo Hamadi, il regista e sceneggiatore coreano Hong Sangsoo, il regista, sceneggiatore e produttore messicano Carlos Reygadas e l’attore americano Jeremy Strong.

Al via il Festival di Cannes. Juliette Binoche in conferenza spiazza tutti

Tra MeToo, Donald Trump, il caso Gérard Depardieu, l’attrice è stata chiamata in causa su tante questioni caldissime a cui non si è sottratta (non ha potuto!), pur svicolando con poche parole. Riguardo il Presidente USA e la sua legge cinema, di cui si discute in questi giorni e che potrebbe portare a una crisi maggiore a livello internazionale, ha commentato: “Non sono sicura di essere in grado di rispondere a questa domanda perché richiede un’analisi dell’industria e del cinema nel mondo. Non ho gli strumenti per parlare della sua politica però mi sembra stia facendo di tutto per salvare il suo Paese… Insomma per salvarsi il culo”. Mentre sui fatti legati a Depardieu ha detto: “Non è un mostro, è un uomo. Dobbiamo pensare intensamente al potere che diamo alle persone”.

screenshot 2025 05 13 alle 171553 Al via il 78esimo Festival di Cannes. La Giuria si presenta tra politica e attualità
78esimo Festival di Cannes

L’appello dei grandi del cinema riguardo Gaza

E non finisce qui… In questa prima giornata del Festival di Cannes non è mancato un “grido” di stop alla guerra a Gaza. “A Cannes l’orrore di Gaza non deve passare inosservato”, è stato detto e scritto. Da Richard Gere a Xavier Bardem, da Susan Sarandon a David Cronenberg, da Pedro Almodóvar a Paolo Sorrentino e Mario Martone, circa 400 artisti, tra cui appunto nomi importanti di Hollywood e del panorama cinematografico mondiale, hanno firmato una lettera apparsa sul quotidiano francese Libération, e ufficialmente ripresa poi da Variety, in cui è stato denunciato il silenzio di fronte a una guerra che ha ormai le sembianze effettive dello sterminio di massa. E giustamente questo appello conta sull’eco amplificato che può offrire la stessa cerimonia d’apertura del Festival. All’appello però manca proprio la firma della Binoche, che in conferenza stampa, tagliando corto e visibilmente in imbarazzo, ha dichiarato: “Non posso rispondere”.

Cinema come verità e comunità: le parole di Jeremy Strong

Il Festival di Cannes non è però solo politica, o meglio lo è, e tantissimo, ma soprattutto attraverso il cinema. Lo ha ricordato l’attore Jeremy Strong (per tutti star di Succession), membro della Giuria Ufficiale, che, ricordando lo scorso anno in cui non ha potuto accompagnare la delegazione del film The Apprentice, di cui faceva parte nei panni dell’avvocato e mentore di Donald Trump, Roy Cohn, ha affermato: “Vedo Roy Cohn essenzialmente come il progenitore delle fake news e dei fatti alternativi, e penso che stiamo vivendo le conseguenze di ciò che ha creato. Credo però che in questo periodo, in cui la verità è sotto attacco, in cui la verità è sempre più in pericolo, il ruolo delle storie, del cinema, dell’arte e, specificamente in questo tempio del cinema, il ruolo del cinema è sempre più cruciale perché può combattere quelle forze nell’entropia della verità e può comunicare verità. Verità individuali, verità umane, verità sociali, e affermare e celebrare la nostra comune umanità. Quindi direi che quello che sto facendo quest’anno è, in un certo senso, un contrappeso a quello che Roy Cohn stava facendo l’anno scorso”.
Margherita Bordino

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A volte non è tanto cosa rimane, ma come quel qualcosa rimane a dare sapore alla memoria, a determinarne la filigrana. Lo sa bene il pittore italiano Norberto Spina (Torino, 1995) che, fresco di diploma alla Royal Academy of Art di Londra, presenta un nuovo corpus di dipinti nella sua prima mostra personale italiana, alla galleria Cassina Projects di Milano.  

La mostra di Norberto Spina a Milano 

Nel white cube del piano terra di Cassina Projects, le tonalità terrose impiegate da Spina risaltano e inghiottono la luce. I soggetti, modulati da immagini di archivi familiari e da composizioni ex novo dell’artista, comprendono figure che richiamano più esplicitamente un passato indefinito (bambini e ragazzi in divisa scolastica), ma anche animali (un cavallo bardato di viola) e nature morte (una sella, un raffinatissimo set di teiere in argento, un carrello porta-feretri). 

Norberto Spina, Anticamere, 2025. Installation view at Cassina Projects. Courtesy the Artist and Cassina Projects, Milano. Photo Roberto Marossi
Norberto Spina, Anticamere, 2025. Installation view at Cassina Projects. Courtesy the Artist and Cassina Projects, Milano. Photo Roberto Marossi

Le opere di Norberto Spina in mostra a Milano 

A interrompere il candore dello spazio interviene una sotto-stanza, rivestita in legno: qui, in un ambiente che – in linea con opere come Il campione, Svendita di selle o Lo scatto – richiama l’immaginario della stalla, campeggia un’opera solitaria, tutt’altro che equina. Il ragazzino protagonista de La promessa, vestito di una candida uniforme, sembra essere stato improvvisamente interrotto dalla lettura, e ci guarda negli occhi. Lo fa non con il tragicissimo muso del bimbo imbronciato in Non fare capricci, né con la sveglia eccitazione dei due fratelli in Lo specchio, ma con uno sguardo da Gioconda e una maschera quasi impassibile. Quasi, perché incapace di celare una certa curiosità per lo spettatore che l’ha distolto dal libricino che tiene fra le mani. 

Norberto Spina, Anticamere, 2025. Installation view at Cassina Projects. Courtesy the Artist and Cassina Projects, Milano. Photo Roberto Marossi1 / 14
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Norberto Spina. Pittura della pittura 

Ma al di là di questi giochi di sguardi che il pittore dirige abilmente, Spina mette in crisi la distinzione tra forma e contenuto che tanto amiamo: perché, più che i soggetti che dipinge, è la pittura stessa a rubare la scena. E a farsi soggetto e oggetto della propria indagine. Certo, bambini, argenterie e cavalli sono assolutamente coerenti, ma paiono bellissime scuse per realizzare una pittura della pittura. Sia chiaro, non c’è nulla di male. Al contrario, la stratificazione e l’intreccio delle pennellate sono la prova tangibile di un interesse quasi maniacale per il medium, che ribalta il suo ruolo di supporto. Lo si vede nel procedimento per livelli, nella dissezione del colore, nei grumi di impasto pittorico che donano al dipinto un aspetto quasi legnoso. Quella di Norberto Spina è una pittura che parla di memoria, sì, ma anche di memoria della pittura stessa. Del suo farsi, del suo sovrapporsi e del suo cancellarsi. E del suo ineluttabile riemergere
 
Alberto Villa 
 
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Triennale Milano 2025
  • Milano
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Jago e Caravaggio - Natura Morta
  • Milano
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Baj + Milton “Paradiso Perduto” i paradossi della libertà
  • Milano
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Pacifico Comunicaciones

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