A Noto, ogni terza domenica di maggio, l’appuntamento con
l’Infiorata è un momento molto atteso e partecipato. Eppure la
manifestazione non ha una storia antica alle spalle: introdotta
solo nel 1980, la tradizione è stata in realtà importata da
Genzano, località alle porte di Roma che dal
Settecento allestisce un tappeto floreale lungo il percorso della
processione religiosa del Corpus Domini.
La storia dell’Infiorata. Da Genzano a
Noto
È probabile, infatti, che l’origine delle infiorate – diffuse
all’epoca in tutta l’area dei Castelli Romani – sia da ricondurre
alla realizzazione degli apparati barocchi seicenteschi per le
celebrazioni religiose in San Pietro, quando l’idea di creare
quadri per mezzo di fiori e petali che imitassero mosaici
variopinti doveva essere particolarmente affine al gusto per la
meraviglia ricercato negli allestimenti effimeri del tempo. In
città, la tradizione ebbe vita breve, abbandonata già alla fine del
Seicento. Ma Genzano la riprese per farne una festa calendarizzata
con regolarità, salvo alcuni periodi di interruzione nell’Ottocento
e, più tardi, durante la Seconda guerra mondiale. La realizzazione
dei quadri richiede cura nella realizzazione dei cartoni (tradotti
tramite spolvero sulla pavimentazione stradale) e tempestività per
la deperibilità dei fiori utilizzati. E dunque solo lo scambio con
artisti dell’Infiorata di Genzano, 45 anni fa, ha permesso alla
cittadina di Noto di far propria la tradizione, poi sviluppata
secondo caratteristiche peculiari al contesto, con disegni sempre
più grandi e complessi che tappezzano Via Corrado
Nicolaci (dove si affacciano gli incredibili balconi
barocchi, attrazione imperdibile della città) per pochi giorni,
attirando visitatori da tutta Italia e dal mondo. Per l’occasione,
anche le scalinate di Noto alta sono decorate con disegni e lavori
d’arte.
Il tema dell’Infiorata di Noto
2025
Nel 2025, l’Infiorata di Noto si terrà dal 16 al 20
maggio, proponendo il tema La Pace si fa
Arte, sotto la direzione artistica di Valentina Mammana.
La realizzazione dei 16 bozzetti inizierà nel pomeriggio del 16
maggio e il tappeto sarà pronto per le visite dal giorno successivo
fino a martedì 20: grazie a un nuovo sistema di irrigazione,
infatti, dal 2024 le opere floreali possono conservarsi più a
lungo. La vera novità dell’edizione alle porte, però, consiste
nell’organizzazione di una Fuori Infiorata,
manifestazione satellite concepita sul modello del più celebre
Fuori Salone milanese con l’idea di ampliare il raggio d’azione
della rassegna, valorizzando il tessuto urbano e culturale della
città con l’intervento dell’arte contemporanea in dialogo con il
patrimonio storico di Noto.
Michelangelo Pistoletto,
Palazzo Reale, Milano 2023. Ph: Daniela Pellegrini
La prima edizione della Fuori
Infiorata di Noto
Ideata e diretta da Alessia Montani e
Luigi Grasso – imprenditori culturali e fondatori
del Parco dell’Anima e del Consorzio AVASIM-MAMA.ART- MAMA.SEEDS –
con la curatela di Andrea Guastella, la Fuori
Infiorata si terrà dal 17 al 20 maggio tra
luoghi pubblici e privati, molti dei quali aperti per l’occasione,
coinvolgendo anche altre destinazioni del Val di Noto, e mettendo
in relazione artisti, artigiani, designer. Tra gli spazi
interessati: il piano nobile del settecentesco Palazzo
Trigona di Canicarao, la Loggia del
mercato, le Cantine Barone Sergio, il Lido di
Noto e lo stesso Parco dell’Anima inaugurato
nel 2020 nei terreni agricoli del resort Zahir Country House, come
museo d’arte contemporanea a cielo aperto concentrato sui temi
dell’ecologia e della biodiversità.
L’istallazione di Pistoletto
al Parco dell’Anima nel 2019
I luoghi e gli artisti della Fuori
Infiorata 2025
Gli artisti coinvolti sono stati chiamati a presentare opere
inerenti al tema dell’Infiorata 2025. Ci sarà Michelangelo
Pistoletto, con la sua Colomba della Pace
2015-2023, opera che introduce il concetto di
“pace preventiva”, realizzata per l’occasione dai maestri
infioratori dell’Associazione CulturArte Noto ed esposta
a Largo Rattazzi, che nei giorni dell’evento sarà
rinominata Piazza della Pace e della Solidarietà. E poi gli
scultori Fulvio Merolli, Alessia Forconi e
Filippo Tincolini, che realizzeranno opere
site-specific in dialogo con gli scenari della città barocca:
la Fenice di Merolli, a Piazza
Municipio; Penelope, scultura fatta di materia e
piante di edera rossa da Forconi, a Largo Landolina; Spaceman
Shine di Tincolini, ideale mascotte della Fuori
Infiorata. Alla Loggia del Mercato saranno invece esposte le
opere di Davide Bramante dalla serie Compagni
di strada – Ritratti di gratitudine; Francesco
Palazzolo e Toni Campo interverranno
con un’installazione site-specific negli spazi di Loreto Interni,
mentre Andrea Parisio presenterà un’installazione inedita tra i
vigneti delle Cantine Barone Sergio. Al Parco dell’Anima,
si aggiungerà al percorso tra la collezione permanente (con opere
di Chicco Margaroli, Titti Garelli, Irem Incendayi,
Domenico Pellegrino, Giulio Rigoni, Mariano Franzetti, Fulvia
Morganti, Paola Romano, Toni Campo) la
scultura Queen of the Jellyfishes, La Regina delle
Meduse di Rosa Mundi. Palazzo
Trigona di Canicarao ospiterà invece la mostra
collettiva Neppure con un fiore dedicata alla
poetessa netina Mariannina Coffa, pioniera della lotta per i
diritti delle donne. In esposizione opere di Salvatore
Anelli, Gianluca Balocco Moor, Salvo Barone, Luigi Citarrella,
Alessandro Gedda, Giacomo Lo Verso, Guglielmo Manenti, Danila
Mancuso, Fulvia Morganti, Alida Pardo, Francesco Pennacchi,
Rossella Pezzino de Geronimo, Stefania Pennacchio, Eleonora
Rossi e Nicholas Peal. Completano il
programma attività collaterali come talk, visite guidate e percorsi
nella natura, compreso l’appuntamento per cicloturisti Aspettando
l’Infiorata – Bici in fiore. Livia Montagnoli
“Non lo sapete quanto vi amo. Non lo sapete quanto vi
desidero. Non lo sapete come piango e come mi sento. Quando per un
solo momento non vi vedo. Dentro la mia anima ho una vampa. E il
mio cuore è vostro, non mio. Quando morirò non andrò in Paradiso.
Perché per amare voi ho dimenticato di amare Dio”: è questo
parte del testo – tradotto in italiano dal dialetto siciliano – del
brano L’amuri ca v’haju
(L’amore che ho per voi) di Rosa
Balistreri, che dà il titolo al film di Paolo
Licata.
L’Amore Che Ho – La storia di
Rosa Balistreri: il film che mancava
“In noi cantanti della mia terra c’è una parte di lei”,
ha affermato Carmen Consoli, che firma la colonna sonora
del film – oltre ad interpretare il ruolo di Alice
– e che ha sempre dichiarato la sua profonda ammirazione per
Balistreri.
Sebbene la cantautrice sia un nome nel panorama musicale siciliano,
della sua storia si conosce poco. La pellicola di Licata getta così
luce su “i drammi e le gioie vissuti da una delle leggende
della canzone popolare siciliana, Rosa Balistreri”, recita la
sinossi ufficiale. “Una donna intensa, violenta, fragile e
indistruttibile, pronta ad affrontare qualsiasi sacrificio per la
sua causa, per la difesa dei diritti dei più deboli, dei
lavoratori, delle donne abusate e ignorate, e per andare contro
qualsiasi prevaricazione”.
Rosa Balistreri: cantante
popolare e simbolo di emancipazione
Ma chi era Rosa Balisteri? Nata a Licata il 21 marzo
1927, in una famiglia modesta, tentò l’uccisione del
marito, sposato con un matrimonio combinato. Scontata la pena a
Palermo, trovò lavoro come custode nella
Chiesa di Santa Maria degli Agonizzanti, dove fu
molestata dal parroco. Scappò allora a Firenze con il fratello e
una sorella che, raggiunta dal marito, fu uccisa.
Rosa conobbe allora il pittore Manfredi Lombardi,
con cui visse più di un decennio e che la presentò ad artisti quali
Mario De Micheli, Ignazio Buttitta, Dario Fo. Fu
molto apprezzata per le sue doti canore, tanto che Fo la volle nel
suo spettacoloCi ragiono e canto. Nel
1974 partecipò anche a
Canzonissima, distinguendosi per la sua voce
graffiante e l’intensa interpretazione.
Il 21 marzo 2024, la casa natale di Rosa
Balistreri, in via Martinez 42, è stata aperta al
pubblico e trasformata in un museo: qui sono esposti libri,
fotografie, dischi e filmati d’archivio che raccontano
l’avventurosa vita di questa orgogliosa siciliana.
Il film “L’amore che
ho”
Dopo il documentario Rosa Balistreri – un film senza
autore prodotto e trasmesso nel 2017 da
Rai Storia, L’amore che
ho è il primo film vero e proprio dedicato alla
cantante. Ad interpretarla sul grande schermo nelle diverse età
sono Lucia Sardo, Donatella Finocchiaro, Anita
Pomario e Martina Ziami, ma nel cast sono
presenti tra gli altri anche Tania Bambaci e
Vincenzo Ferrara.
Presentato al 42° Torino Film Festival,
L’amore che ho è dall’8 maggio al cinema
distribuito da Wanted e, ci scommettiamo, porterà
alla ribalta la musica viscerale di una donna del Sud, che non ha
avuto paura di sfidare le regole che ancora oggi attanagliano la
nostra società. Roberta Pisa
Tra botteghe artigiane, trattorie storiche e attività
commerciali ricercate, la storia di Via del
Pellegrino inizia già dalla seconda metà del
Quattrocento. Questa, infatti, che ha da sempre accolto un pubblico
eterogeneo, è stata fondata da Papa Sisto
IV e deve il suo nome all’antica Locanda del
Pellegrino, dove sostavano, appunto, i pellegrini diretti a San
Pietro (all’epoca non c’era mica Corso Vittorio!). Oggi la via è al
centro di un visionario progetto di rigenerazione e
valorizzazione, che nasce con l’obiettivo di raccontarla
attraverso laboratori e un programma multidisciplinare.
A Roma nasce Florea per la
rigenerazione di Via del Pellegrino
L’iniziativa si chiama Florea, dall’antico nome
di Via del Pellegrino, intitolata in un primo momento ai fioristi
che la attraversavano sempre in direzione San Pietro: “su quel
percorso, animato per tutto il giorno dal passaggio dei carri, si è
innestato nei secoli il cammino dei pellegrini, trasformando la via
in un passaggio denso di storia e di storie, di aneddoti, di arte e
di manifatture. È qui che risiede l’anima più antica, viva e vivace
del centro storico di Roma, quell’unione unica e irripetibile di
umanità, sapienza artigiana e ospitalità inscritto nel Dna della
Capitale”, racconta Federico Mondello,
presidente della Rete d’Imprese.
Florea tra architettura e green
design
Dall’architettura al green design, Florea vede la partecipazione
di una serie di eccellenze romane coordinate
da Thirtyonedesign di Claudia Campone,
tra cui Natura e Architettura di Roberto
Ortolani e FABERtechnica di Marco
Frascarolo, con la partecipazione dell’agenzia creativa Bla Studio.
Al centro del programma multidisciplinare che prenderà
avvio da ottobre 2025, la rivitalizzazione di
Via Sora, che collega Corso Vittorio Emanuele, Via del Pellegrino e
Via dei Cappellari fino a Via del Governo Vecchio. In
che modo? Con installazioni temporanee green,
finalmente togliendo le auto in sosta e una nuova illuminazione IOT
che permetterà di attivare il wi-fi attraverso i punti luce.
Inoltre, verrà anche organizzata una tavolata sociale lungo tutta
Via del Pellegrino, pensata per recuperare l’atmosfera originaria
del percorso.
Florea e la prima mappa sensoriale di
Roma
Ma non finisce qui. Florea intende anche
realizzare la prima mappa sensoriale di Roma,
costruendo cinque itinerari, uno per ogni senso: “Esistono
mappe di monumenti, mappe enogastronomiche, mappe per lo shopping,
mappe dei mestieri scomparsi. Non esiste ancora una mappa che,
anziché censire i luoghi per categorie monotematiche, parta dai
sensi e dia valore alle emozioni che suscitano”, spiegano
dalla Rete d’Imprese. Un esempio? Una chiesa, un forno e una piazza
possono essere legati dall’odorato: l’incenso, il pane e l’albero
di fico. Caterina Angelucci
Attualità, politica e sorpresa. Sono questi gli elementi che
contraddistinguono il Festival di Cannes, edizione 78, che inizia
come di consueto con la conferenza stampa della Giuria Ufficiale,
quest’anno presieduta dall’iconica attrice
francese Juliette Binoche. Insieme a lei
altri otto membri chiamati a designare la Palma d’Oro 2025 (per cui
concorre anche Fuori di Mario Martone):
l’attrice e regista americana Halle Berry, la
regista e sceneggiatrice indiana Payal
Kapadia, l’attrice italiana Alba
Rohrwacher, la scrittrice
franco-marocchina Leïla Slimani, il regista,
documentarista e produttore congolese Dieudo
Hamadi, il regista e sceneggiatore
coreano Hong Sangsoo, il regista,
sceneggiatore e produttore messicano Carlos
Reygadas e l’attore americano Jeremy
Strong.
Al via il Festival di Cannes. Juliette
Binoche in conferenza spiazza tutti
Tra MeToo, Donald Trump, il caso Gérard Depardieu,
l’attrice è stata chiamata in causa su tante questioni caldissime a
cui non si è sottratta (non ha potuto!), pur svicolando con poche
parole. Riguardo il Presidente USA e la sua legge cinema, di cui si
discute in questi giorni e che potrebbe portare a una crisi
maggiore a livello internazionale, ha commentato: “Non sono
sicura di essere in grado di rispondere a questa domanda perché
richiede un’analisi dell’industria e del cinema nel
mondo. Non ho gli strumenti per parlare della sua
politica però mi sembra stia facendo di tutto per salvare il suo
Paese… Insomma per salvarsi il culo”. Mentre sui fatti legati
a Depardieu ha detto: “Non è un mostro, è un uomo.
Dobbiamo pensare intensamente al potere che diamo alle
persone”.
78esimo Festival di
Cannes
L’appello dei grandi del cinema
riguardo Gaza
E non finisce qui… In questa prima giornata del Festival di
Cannes non è mancato un “grido” di stop alla guerra a Gaza. “A
Cannes l’orrore di Gaza non deve passare inosservato”, è stato
detto e scritto. Da Richard Gere a Xavier Bardem, da Susan Sarandon
a David Cronenberg, da Pedro Almodóvar a Paolo Sorrentino e Mario
Martone, circa 400 artisti, tra cui appunto nomi importanti di
Hollywood e del panorama cinematografico mondiale, hanno firmato
una lettera apparsa sul quotidiano
francese Libération, e ufficialmente ripresa poi
da Variety, in cui è stato denunciato il silenzio di
fronte a una guerra che ha ormai le sembianze effettive dello
sterminio di massa. E giustamente questo appello conta sull’eco
amplificato che può offrire la stessa cerimonia d’apertura del
Festival. All’appello però manca proprio la firma della Binoche,
che in conferenza stampa, tagliando corto e visibilmente in
imbarazzo, ha dichiarato: “Non posso rispondere”.
Cinema come verità e comunità: le
parole di Jeremy Strong
Il Festival di Cannes non è però solo politica, o meglio lo è, e
tantissimo, ma soprattutto attraverso il cinema. Lo ha ricordato
l’attore Jeremy Strong (per tutti
star di Succession), membro della Giuria Ufficiale,
che, ricordando lo scorso anno in cui non ha potuto accompagnare la
delegazione del film The Apprentice, di cui faceva
parte nei panni dell’avvocato e mentore di Donald Trump, Roy Cohn,
ha affermato: “Vedo Roy Cohn essenzialmente come il progenitore
delle fake news e dei fatti alternativi, e penso che stiamo vivendo
le conseguenze di ciò che ha creato. Credo però che in questo
periodo, in cui la verità è sotto attacco, in cui la verità è
sempre più in pericolo, il ruolo delle storie, del cinema,
dell’arte e, specificamente in questo tempio del cinema, il ruolo
del cinema è sempre più cruciale perché può combattere quelle forze
nell’entropia della verità e può comunicare verità. Verità
individuali, verità umane, verità sociali, e affermare e celebrare
la nostra comune umanità. Quindi direi che quello che sto facendo
quest’anno è, in un certo senso, un contrappeso a quello che Roy
Cohn stava facendo l’anno scorso”. Margherita Bordino
A volte non è tanto cosa rimane, ma come quel qualcosa rimane a
dare sapore alla memoria, a determinarne la filigrana. Lo sa bene
il pittore italiano Norberto
Spina (Torino, 1995) che, fresco di diploma alla Royal
Academy of Art di Londra, presenta un nuovo corpus di dipinti nella
sua prima mostra personale italiana, alla galleria Cassina Projects
di Milano.
La mostra di Norberto Spina a
Milano
Nel white cube del piano terra di Cassina
Projects, le tonalità terrose impiegate da Spina risaltano e
inghiottono la luce. I soggetti, modulati da immagini di archivi
familiari e da composizioni ex novo dell’artista, comprendono
figure che richiamano più esplicitamente un passato indefinito
(bambini e ragazzi in divisa scolastica), ma anche animali (un
cavallo bardato di viola) e nature morte (una sella, un
raffinatissimo set di teiere in argento, un carrello
porta-feretri).
Norberto Spina, Anticamere,
2025. Installation view at Cassina Projects. Courtesy the Artist
and Cassina Projects, Milano. Photo Roberto Marossi
Le opere di Norberto Spina in
mostra a Milano
A interrompere il candore dello spazio interviene una
sotto-stanza, rivestita in legno: qui, in un ambiente che – in
linea con opere come Il campione, Svendita di
selle o Lo scatto – richiama l’immaginario
della stalla, campeggia un’opera solitaria, tutt’altro che
equina. Il ragazzino protagonista de La promessa, vestito
di una candida uniforme, sembra essere stato improvvisamente
interrotto dalla lettura, e ci guarda negli occhi. Lo fa non con il
tragicissimo muso del bimbo imbronciato in Non fare
capricci, né con la sveglia eccitazione dei due fratelli in
Lo specchio, ma con uno sguardo da Gioconda e una maschera quasi
impassibile. Quasi, perché incapace di celare una certa curiosità
per lo spettatore che l’ha distolto dal libricino che tiene fra le
mani.
1
/ 14Norberto Spina, Anticamere, 2025. Installation view at
Cassina Projects. Courtesy the Artist and Cassina Projects, Milano.
Photo Roberto Marossi2
/ 14Norberto Spina, Anticamere, 2025. Installation view at
Cassina Projects. Courtesy the Artist and Cassina Projects, Milano.
Photo Roberto Marossi3
/ 14Norberto Spina, Anticamere, 2025. Installation view at
Cassina Projects. Courtesy the Artist and Cassina Projects, Milano.
Photo Roberto Marossi4
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Cassina Projects. Courtesy the Artist and Cassina Projects, Milano.
Photo Roberto Marossi5
/ 14Norberto Spina, Anticamere, 2025. Installation view at
Cassina Projects. Courtesy the Artist and Cassina Projects, Milano.
Photo Roberto Marossi6
/ 14Norberto Spina, Anticamere, 2025. Installation view at
Cassina Projects. Courtesy the Artist and Cassina Projects, Milano.
Photo Roberto Marossi7
/ 14Norberto Spina, Anticamere, 2025. Installation view at
Cassina Projects. Courtesy the Artist and Cassina Projects, Milano.
Photo Roberto Marossi8
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Cassina Projects. Courtesy the Artist and Cassina Projects, Milano.
Photo Roberto Marossi9
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Cassina Projects. Courtesy the Artist and Cassina Projects, Milano.
Photo Roberto Marossi10
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Cassina Projects. Courtesy the Artist and Cassina Projects, Milano.
Photo Roberto Marossi11
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Cassina Projects. Courtesy the Artist and Cassina Projects, Milano.
Photo Roberto Marossi12
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Cassina Projects. Courtesy the Artist and Cassina Projects, Milano.
Photo Roberto Marossi13
/ 14Norberto Spina, Anticamere, 2025. Installation view at
Cassina Projects. Courtesy the Artist and Cassina Projects, Milano.
Photo Roberto Marossi14
/ 14Norberto Spina, Anticamere, 2025. Installation view at
Cassina Projects. Courtesy the Artist and Cassina Projects, Milano.
Photo Roberto Marossi
Norberto Spina. Pittura della
pittura
Ma al di là di questi giochi di sguardi che il pittore dirige
abilmente, Spina mette in crisi la distinzione tra forma e
contenuto che tanto amiamo: perché, più che i soggetti che dipinge,
è la pittura stessa a rubare la scena. E a farsi soggetto e
oggetto della propria indagine. Certo, bambini, argenterie
e cavalli sono assolutamente coerenti, ma paiono bellissime scuse
per realizzare una pittura della pittura. Sia chiaro, non c’è nulla
di male. Al contrario, la stratificazione e l’intreccio delle
pennellate sono la prova tangibile di un interesse quasi maniacale
per il medium, che ribalta il suo ruolo di supporto. Lo si vede nel
procedimento per livelli, nella dissezione del colore, nei grumi di
impasto pittorico che donano al dipinto un aspetto quasi legnoso.
Quella di Norberto Spina è una pittura che parla di memoria, sì, ma
anche di memoria della pittura stessa. Del suo
farsi, del suo sovrapporsi e del suo cancellarsi. E del suo ineluttabile
riemergere.
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